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Diritto di famiglia, spiragli di riforma in antitesi al ddl Pillon

di Maria Concetta Tringali

Si è tenuto nella prima settimana di ottobre a Catania il XXXIV Congresso Nazionale Forense che ha riunito i vertici dell’avvocatura.

Per fare il punto su quali siano le questioni maggiormente sentite dall’esercito di legali che vivono i nostri tribunali ogni giorno, può bastare una prima disamina sulle mozioni presentate. Per un totale di oltre 200, sono 141 quelle infine ammesse al voto.

Divisi per materie, a ricalcare i temi scelti per riempire di contenuto l’evento dell’anno, ci sono gli argomenti più cari ai professionisti. Tra questi, le riflessioni sull’organizzazione, sulla natura giuridica dell’ordine forense e il capitolo sempre spinoso e attualissimo dei compensi e della fiscalità.

Attorno a un’ipotesi di nuovo codice di procedura civile si sono coagulate le mozioni più interessanti e quelle più consistenti anche nel numero.

A guardare i documenti prodotti, gli avvocati sembrano avere in mente e ben chiaro un nuovo tipo di giudizio civile. Su riforma del processo del lavoro, snellimento di quello esecutivo, patrocinio gratuito, il confronto ai tavoli pare essere stato serrato.

In apertura dei lavori il ministro Bonafede aveva provato a spostare l’asse, aggiungendo poco o niente alle prospettive delineate dai colleghi in toga. Poco convincente la semplificazione, delineata dal capo del dicastero, che si prefigge di cancellare la citazione quale atto introduttivo del giudizio, per preferirvi come unica formula quella del ricorso.

Di grande attualità il dibattito sulla gestione della crisi nelle relazioni familiari e tutela dei minori, di cui si sono occupate le mozioni numero 115, 152 e 158, proposte rispettivamente da AIAF (Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori), CAMMINO (Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni) e ONDiF (Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia).

La prima è chiara nel segnare il passo. Si rifà al dibattito dell’ultimo periodo, apertosi attorno al ddl Pillon. All’esito delle operazioni di voto, un attimo prima di comunicarne l’approvazione agli oltre settecento presenti, il delegato addetto a dirigere lo spoglio non ha remore a definire le istanze contenute in quella mozione come in antitesi rispetto al disegno di legge fermo in Commissione giustizia al Senato. In nome del rispetto del “migliore interesse” del figlio, la platea di avvocati che ha affollato il complesso attorno al cinquecentesco Monastero dei Benedettini conclude dunque che non si può rinunciare all’individuazione di soluzioni specifiche. L’implicazione è importante. Siamo dentro al dibattito sulla bigenitorialità e, a bocce ferme, si conviene che sia il giudice a decidere. A quello spetterà di dire se sussistano e quali siano le possibilità di una concreta e puntuale attuazione della genitorialità paritetica. Ma c’è di più. Occorre, secondo gli avvocati della famiglia, che quelle possibilità concrete siano costruite in funzione della situazione di ciascun minore interessato. Quello che viene fuori dai tavoli è l’esigenza che non si apra a nessun automatismo, insomma. Bisogna capire che su quel terreno va riconosciuto e mantenuto al giudice il potere discrezionale, garante di una valutazione il più vicino possibile al reale superiore interesse del bambino.

Questo, peraltro, è ciò che accade da tempo negli ordinamenti europei i quali non prevedono soluzioni automatiche. Una diversa ottica finirebbe per incidere in negativo sulla reale tutela dei diritti, facendo alzare il livello dello scontro sulla esecuzione concreta di quegli automatismi. Questo dicono, in soldoni, le riflessioni dei giuristi che con la successiva mozione - la n. 159 - si propongono «di promuovere nelle più opportune sedi parlamentari e governative iniziative affinché venga introdotto, nei provvedimenti che riguardano le relazioni dei figli minorenni e il loro affidamento, l’obbligo di motivazione specifica, rifuggendo da soluzioni standard identiche per tutti».

L’obbligo di motivare in maniera circostanziata si fa qui strumento, dunque, suggerito per arginare la (pur necessaria) discrezionalità del giudicante.

E poi, da quelle espressioni di voto, qualche altro punto fermo il congresso ce lo consegna. Frantumazione dei riti, delle competenze e dei giudici, vengono individuate tra le maggiori criticità del nostro diritto di famiglia.

I documenti elaborati a Catania quest’anno fotografano un sistema che non riesce ad andare al ritmo della cronaca, specie quando si tratta di nera. Si deve dare atto che i tecnici si preoccupano, nella sede ufficiale che li impegna, di trovare soluzioni per contenere il fenomeno della violenza di genere, il numero dei femminicidi (se ne conta uno ogni tre giorni). Lo scopo è quello di farlo puntando il faro sulle difficoltà che incontra la vittima. E allora gli avvocati chiedono ad esempio che i vertici riuniti facciano propria l’esigenza di estendere una serie di condizioni, volte a rendere meno gravoso l’accesso alla giustizia.

Si auspica un intervento in materia di patrocinio a spese dello Stato, con l’obiettivo di permettere che lo si apra alle vittime al di là dei limiti di reddito anche nei processi civili, come già accade in quelli penali; si propone di arrivare all’esonero dal pagamento del contributo unificato, così da agevolare anche quelle donne in condizioni economiche precarie, nei procedimenti in cui si agisca per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla violenza domestica o di genere che siano già stati accertati dai giudici con una sentenza passata in giudicato dunque non più impugnabile; si ragiona sull’eliminazione o sull’allungamento almeno a un anno del termine di accesso al Fondo per le vittime di reati intenzionalmente violenti (istituito nel 2016 ed esteso ai casi di violenza contro le donne con legge n. 4 del 2018), da estendere anche ai figli e orfani della vittima.

Quello che il Congresso nazionale forense quest’anno pare avere espresso è uno spiraglio di riforma del diritto di famiglia, nella versione pensata dai tecnici. Che il legislatore tenga effettivamente conto di questi sforzi, qualificati, al momento della produzione normativa dovrebbe essere, con buona pace della politica, l’augurio di tutti.

(8 ottobre 2018)

L'originale dell'articolo è apparso su MicroMega ed è reperibile al link seguente http://temi.repubblica.it/micromega-online/diritto-di-famiglia-spiragli-di-riforma-in-antitesi-al-ddl-pillon/




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