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Etna, il terremoto e la fragilità che è in noi

di Maria Concetta Tringali articolo apparso sul Blog Alley Oop de Il Sole 24 ore



Nel catanese la nottata dopo il terremoto pare essere passata. Il sisma che poco dopo le tre, tra Natale e Santo Stefano, ha scosso i fianchi dell’Etna intorno a Fleri, frazione di Zafferana Etnea, e ai comuni vicini ha fatto finora 28 feriti e centinaia di sfollati.

I tecnici dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ne hanno classificato la magnitudo fissandola a 4.8. L’energia sprigionata e l’ipocentro, individuato alla profondità di appena un chilometro, hanno reso la scossa un’esperienza molto intensa, spaventando gli abitanti di quel versante della montagna che sovrasta Catania.

Giungendo sui luoghi, appena la mattina dopo, la prima cosa che ti invade gli occhi è che si dorme in macchina. Fagotti umani di qualche coperta e molti cappotti. In tanti preferiscono non allontanarsi, lo sguardo fisso alle case di una vita. Alloggi di fortuna sono stati approntati per i più negli alberghi della provincia. Daria è un’avvocata quarantenne e mi racconta di una notte di terrore, del tetto che è venuto giù all’improvviso, nella sua casa antica che era da sempre rifugio sicuro. E’ rimasta afona,  dopo lo spavento e il freddo della nottata in auto: “Mi rimane l’angoscia di quei momenti. Sei costretto a uscire, di corsa, in fretta coi bambini che non si sono nemmeno svegliati del tutto.  E la tristezza, il dolore, l’incertezza. La tua casa centenaria in piedi malgrado la ferita; coi tecnici che smentiscono subito quella speranza al lumicino. Le crepe sono strutturali e devi andartene, anche se la proprietà in parte sembra ancora reggersi”.

La fortissima sismicità della zona è un fatto notorio. Il vulcano siciliano è il più alto d’Europa, se consideriamo quelli attivi, e questi giorni sono stati del resto caratterizzati tutti da un’importantissima  attività eruttiva. Una colata che continua a dare spettacolo e a  spargere ceneri e lapilli.

“Il sisma – spiega all’ANSA Eugenio Privitera che dell’Osservatorio presso l’Ingv è direttore – non è altro che la risposta fragile del versante orientale del vulcano alla variazione di stress indotta dall’apertura di una frattura eruttiva”.

Insomma, chi vive da sempre su terre ballerine in un certo senso alla fragilità è abituato. Alla paura certo, al più, ci si adatta però. A pensarci bene non serve a molto negarla, bisognerebbe piuttosto imparare a tenerla nella considerazione che merita.

Perché è vero che siamo fragili. E a ricordarcelo ogni momento ci sono, a migliaia, le scosse che si susseguono senza sosta in questo tempo di natale siciliano che sembra dilatato all’inverosimile. La natura del resto è specchio che ci rimanda da millenni tutta la nostra debolezza.

Cos’è la fragilità se non un modo di atteggiarsi della nostra stessa esistenza? Di questo è convinto tra gli altri Eugenio Borgna, psichiatra, che quel tratto lo vede come struttura portante della nostra vita e lo scrive in un saggio, per Einaudi: “La fragilità è un modo di essere emozionale ed esistenziale che vive del cammino misterioso che porta verso l’interno, e che non si riconosce se non andando al di là dei comportamenti e scendendo negli abissi della nostra interiorità, e dell’interiorità altrui”.

E non è un segreto per nessuno, se quella che i catanesi chiamano “a muntagna” questa lezione prova ad impartirla da sempre. La gente di Zafferana intanto lascia le case ed è costretta a recidere cordoni ombelicali, almeno per il momento. È uno sguardo triste, un’introspezione imposta quella che nelle comunità coinvolte non sembra lasciare scampo.

Si avvia così alla chiusura quest’ultimo scorcio di 2018, tutto innaffiato dalla sabbia nera che da giorni invade le città sottostanti, mentre si prova a fare la conta delle prime necessità. Buoni propositi e promesse urgenti arrivano copiosi dalla politica che si raccoglie nel capoluogo etneo.

Di Maio e Salvini sfilano all’indomani tra le costruzioni transennate. Il governo regionale si riunisce a Palazzo degli Elefanti, sede del comune in dissesto, dal 13 dicembre scorso per un buco in bilancio da 1,6 miliardi di euro. Il vicepremier assicura che il consiglio dei ministri dichiarerà al più presto lo stato d’emergenza.

Se oggi è tempo di presenza, domani ci sarà da lavorare. E sarebbe ora di ricominciare progettando, finalmente, un futuro di concretezza e di rigore.

Chissà che la fragilità che è in noi non riesca, almeno questa volta, a insegnarci a resistere e – perché no – a essere forti.


(30 dicembre 2018)

L'originale dell'articolo è apparso su Alley Oop ed è reperibile al link seguente


https://alleyoop.ilsole24ore.com/2018/12/30/etna-terremoto-la-fragilita/
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