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Lombardo, si riapre il processo per mafia

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Catania che, a marzo del 2017, aveva assolto l’ex governatore della regione siciliana Raffaele Lombardo per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo è dunque tutto da rifare.


di Maria Concetta Tringali

Una carriera politica, quella di Raffaele Lombardo, che tante volte è sembrata incrinarsi, inabissarsi nelle aule giudiziarie e poi finire. Gli ultimi sono anni, per lui, senza più la prima linea. A dicembre lo si poteva incontrare sotto la pioggia fitta di una serata romana, dalle parti di via del Corso, chiuso nel suo cappotto scuro e pareva davvero lontano anni luce dalla scena politica siciliana.

Ma invece, a leggere i fatti di questa primavera, assente non lo era per niente.

Appena un mese fa a Catania si sono svolte le elezioni amministrative che hanno consacrato la fine dell’esperienza Bianco, con l’elezione a primo turno di Pogliese, candidato di un centrodestra unito e compatto come non mai, davanti a una sinistra non pervenuta, se non ridotta in rivoli. E proprio mentre mutavano gli scenari della politica nella città etnea ricompariva l’ex governatore siciliano, con un ingresso tutto sommato ad effetto. La sua lista valeva l'8,38% delle preferenze, dopo Forza Italia e Una scelta d'amore per Catania-Salvo Pogliese sindaco. Rientrava nel pieno dei giochi, Raffaele Lombardo. Forte di un’assoluzione che pareva aver ammutolito le accuse di mafia.

E ciò, peraltro, malgrado le diverse vicende giudiziarie che negli ultimi anni lo avevano visto impegnato a difendersi, non ultima l’udienza d’appello celebratasi a Catania il 19 giugno scorso per reato elettorale (processo rinviato a novembre). In quel giudizio l’ex presidente della regione è alla sbarra, tra gli altri insieme al figlio Toti, su ricorso della Procura della Repubblica con l’accusa di aver promesso e concesso posti di lavoro in cambio di voti, per fatti che riguardano le regionali del 2012 e per i quali era arrivata la sentenza di assoluzione del Tribunale monocratico.

Ma la svolta che è imprevista e giunge da Roma nella giornata di ieri, riapre il capitolo più importante: le accuse per mafia.

Condannato per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2014 a sei anni e otto mesi, in primo grado dal Gup Marina Rizza con rito abbreviato, Lombardo veniva assolto per quelle vicende, a marzo dell’anno scorso. Quella sentenza resa dalla terza sezione penale della Corte d’Appello di Catania, tuttavia, lo condannava a due anni con sospensione della pena, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, senza intimidazione e violenza. In quella pronuncia il Collegio riteneva "dimostrati i rapporti tra Lombardo e esponenti della mafia, che avrebbero agito per agevolare la sua elezione, ma dal quale – precisava – non avrebbero ricevuto alcun favore".

Da lì, il terzo grado di giudizio che sembrava destinato a non fare grande scalpore dopo la richiesta del Procuratore Generale presso la Cassazione, Stefano Rocci, della conferma dell'assoluzione per l'accusa di mafia e invece dell'annullamento con rinvio della condanna a due anni. Chiedeva il Pg inoltre il rigetto del ricorso della Procura generale di Catania, dapprima ritenuto tardivo (eccezione poi abbandonata con successiva memoria).

Le cose però sono andate in maniera diametralmente opposta, smentendo di fatto le aspettative di quanti avevano immaginato la fine dei guai per l’ex governatore. E così la Suprema Corte, “in accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione di Corte d'appello di Catania”, disponendo che tecnicamente quel processo di merito sia dunque, a questo punto, tutto da rifare.

Ma se per conoscere l’iter logico seguito dai giudici di legittimità bisognerà attendere le motivazioni, non ancora depositate, la scelta di annullare con rinvio è già indicativa almeno di una circostanza. La determinazione assunta parla da sola dell’impossibilità riconosciuta dalla Corte di concludere l'esame della sentenza impugnata con il solo giudizio rescindente, ossia quello rivolto all’eliminazione del provvedimento oggetto del ricorso. Necessario si è ritenuto, per contro, un nuovo esame della questione, da esercitarsi nell’ulteriore giudizio di merito (giudizio cosiddetto rescissorio).

Ma chi è Raffaele Lombardo? Autonomista della prima ora, fondatore del MPA, un paio di volte europarlamentare, vicesindaco di Catania, poi presidente della provincia nel 2002, quindi governatore della regione siciliana nel 2008, “Lombardo, più di Bianco e Ciancio, ha incarnato la continuità democristiana del potere politico e amministrativo, che, via via, ha saputo ancorare al mutare del clima politico mutando esso stesso, pur restando sé stesso”. Cambiare tutto per non cambiare niente, come un moderno gattopardo. Chi sia e cosa rappresenti per la politica non solo locale l’ex governatore ce lo dice appunto Sebastiano Gulisano, giornalista della scuola di Pippo Fava, autore di recente su Repubblica di un approfondimento apparso su Mafie, di Attilio Bolzoni. “Fondando il “Movimento per l’autonomia”, smarcandosi dal centrodestra pur senza staccarsene del tutto, ma ponendosi come ago della bilancia in un sistema politico catanese, siciliano e nazionale che tendeva a essere sempre più fluido”, quello si atteggia a un nuovo Caronte, “l’uomo del prima e del dopo”.

Ma se Lombardo è, nelle parole di Gulisano, “l’uomo politico che ha definitivamente traghettato Catania dalla Prima alla Seconda Repubblica” per comprendere davvero la natura dei suoi rapporti con Cosa Nostra bisognerà attendere un altro grado di giudizio.

La storia che sembrava scritta, in realtà non lo è. E la parola torna ai giudici i quali pare non abbiano ancora squarciato quel velo, in maniera definitiva.

(5 luglio 2018)


L'articolo è tratto dall'originale apparso su MicroMega, reperibile al link http://temi.repubblica.it/micromega-online/lombardo-si-riapre-il-processo-per-mafia/


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