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Mafia, sequestrati 150 milioni all’editore Ciancio Sanfilippo

Aggiornamento: 9 ott 2018

Bloccati a Mario Ciancio Sanfilippo, editore e direttore del quotidiano 'La Sicilia' accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, conti correnti, aziende, immobili e partecipazioni societarie per un valore di 150 milioni. Una storia siciliana, una storia italiana.

di Maria Concetta Tringali

L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Su richiesta della direzione distrettuale antimafia, il provvedimento è arrivato in questa ultima settimana di settembre, eseguito dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale. Sotto sequestro sono finiti beni dell’editore che, per un’anomalia tutta siciliana, è da anni anche direttore del quotidiano La Sicilia e monopolista dell’informazione nella città etnea.

Il processo comincia davanti alla prima sezione del Tribunale penale di Catania, nel mese di marzo. E segue a una decisione della Cassazione che aveva annullato il proscioglimento pronunciato sul finire del 2015.

Dalle colonne del suo giornale on line, il proprietario della Domenico Sanfilippo Editore S.p.A., la più importante casa editrice della Sicilia, si dice del tutto estraneo ai fatti e rivendica il lavoro di una vita.

Ma chi è Mario Ciancio? I Siciliani, la storica testata antimafia fondata da Giuseppe Fava, lo sanno bene. Conoscono la sua storia personale che per molta parte è la storia di Catania stessa. Pippo Fava e i suoi carusi ne scrivono da sempre.

«L’affaire Ciancio, apparentemente locale ma in realtà generale, è simbolo di questo male della Nazione, complicemente rimosso da cittadini e istituzioni. Ci sono voluti quarant’anni, qui, per giungere a questo processo, e molto coraggio di nuovi giudici e di vecchi giornalisti», così la pensa Riccardo Orioles che di Fava fu allievo e che da decenni è maestro per generazioni di giovani cronisti.

Un padrone, Mario Ciancio Salfilippo, a Catania lo è senz’altro. O almeno lo è stato fino a oggi. Le cariche rivestite sono di vertice. Già presidente della Federazione degli editori di giornali dal 1996 al 2001, dal luglio di quest’anno e per il prossimo triennio siede nel Comitato di Presidenza della Fieg. A cercare la sede degli uffici dell’Agenzia Ansa a Catania – di cui l’editore è stato vicepresidente - si fa presto a rendersi conto che l’indirizzo coincide per anni con quello del gruppo.

La Commissione nazionale antimafia pubblica nell’agosto 2015 una relazione sullo stato dell’informazione. In quell’occasione si chiede l’audizione dell’editore che però preannuncia di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. Nella relazione si legge: «Un primo preoccupato giudizio sulla natura delle relazioni intrattenute da Mario Ciancio era stato già anticipato nelle motivazioni della sentenza di condanna a sei anni e otto mesi di reclusione nei confronti dell’ex presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo per concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza, emessa il 19 febbraio del 2014 dal Gup di Catania Marina Rizza, si sofferma sul modus operandi dell’organizzazione mafiosa».

Ecco che in questa storia non ci sono solo le cronache di La Sicilia, la città raccontata e quella taciuta, i rapporti con la politica e l’amministrazione locale. Ci sono anche le acquisizioni di gruppi indipendenti, le vertenze e i licenziamenti.

Come quelli di Telecolor, un tempo una delle televisioni più importanti dell’isola, oggi sotto sequestro insieme alla Gazzetta del Mezzogiorno e all’altra tv, Antenna Sicilia. La CGIL definisce quello del 2006 un vero e proprio smantellamento, una macelleria sociale. 17 giornalisti a farne le spese, una redazione intera. Saltano le firme storiche dei tg, senza l’avallo dell’allora direttore dimissionario Nino Milazzo, ma con quello della neodirettrice ad interim Michela Giuffrida, di lì a poco europarlamentare in quota PD. La Cassazione a distanza di anni conclude per l’illegittimità di quei licenziamenti.

E su quel caso la commissione parla di “normalizzazione dell’emittente”. Nino Milazzo è più preciso: «La mia idea è che si è partiti da una crisi economica, ma si è colta questa difficoltà per smantellare una redazione e una testata che disturbava i manovratori perché era incontrollata e incontrollabile». «La vicenda di Telecolor va inquadrata nella situazione dei media catanesi e siciliani – si legge nella trascrizione dell’audizione di Walter Rizzo, tra i giornalisti licenziati - I mass media siciliani sono in grandissima parte sotto il controllo di un unico editore, Mario Ciancio Sanfilippo che non è soltanto proprietario del quotidiano La Sicilia e delle emittenti televisive Antenna Sicilia, Telejonica e Teletna, con tutti i rispettivi canali controllati da queste emittenti, e anche dell’emittente radiofonica Radio SIS, dei siti web LaSicilia.it e LaSiciliaweb, ma ha anche quote del gruppo che controlla il quotidiano più diffuso a Messina e in Calabria, la Gazzetta del Sud, e il 16 per cento del Giornale di Sicilia. Ciancio è anche proprietario del più grosso centro stampa tipografico della Sicilia, centro che stampa numerosi quotidiani nazionali tra cui la Repubblica e l’Unità». Questo il quadro dell’informazione in Sicilia e a Catania, dove peraltro non esiste edizione locale di Repubblica.

Una carriera, quella di Ciancio, che si è poi intrecciata più volte, inevitabilmente, con i politici della città e con il gota degli imprenditori che Pippo Fava chiamava “i cavalieri”. Sindaci e amministratori locali in mille occasioni ospiti del salotto dell’editore-direttore, in viale Odorico da Pordenone.

Chi ha provato a mettere in fila i fatti, troppo spesso è stato oggetto di azioni legali. Una causa civile è stata intentata dall’editore per 10 milioni di euro, dopo una puntata di Report, all’epoca in cui responsabile del programma era Milena Gabanelli: «Ciancio ha perso ed è stato condannato a pagare le spese», chiarisce la giornalista.

Relatore della già citata relazione parlamentare, Claudio Fava, oggi da presidente della commissione regionale antimafia, sul sequestro ha comunque le idee chiare e incalza: «Se vi sarà confisca si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio, della solitudine. Perché togliere non basta: occorre restituire ai siciliani il diritto a un'informazione libera, autonoma, coraggiosa».

Il processo e la storia ci diranno.

(25 settembre 2018)


L'articolo è apparso su MicroMega ed è reperibile al link che segue

http://temi.repubblica.it/micromega-online/mafia-sequestrati-150-milioni-all%E2%80%99editore-ciancio-sanfilippo/



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